giovedì 26 settembre 2024

Cultura, canone, classico


 ******************************************
Vedi il concetto di classico a questi link:

Alberto Asor Rosa, la nozione di classico

Calvino: perchè leggere i classici? Il testo  

Il concetto di cultura: definizione da wikipedia

Il concetto moderno di cultura può essere inteso come quel bagaglio di conoscenze acquisite ritenute fondamentali e che vengono trasmesse di generazione in generazione. Tuttavia il termine cultura nella lingua italiana denota due significati principali sostanzialmente diversi:
  • Una concezione umanistica o classica presenta la cultura come la formazione individuale, un'attività che consente di "coltivare" l'animo umano; in tale accezione essa assume una valenza quantitativa, per la quale una persona può essere più o meno colta.
  • Una concezione antropologica o moderna presenta la cultura come il variegato insieme dei costumi, delle credenze, degli atteggiamenti, dei valori, degli ideali e delle abitudini delle diverse popolazioni o società del mondo. Concerne sia l'individuo sia le collettività di cui egli fa parte. In questo senso il concetto è ovviamente declinabile al plurale, presupponendo l'esistenza di diverse culture, e tipicamente viene supposta l'esistenza di una cultura per ogni gruppo etnico o raggruppamento sociale significativo, e l'appartenenza a tali gruppi sociali è strettamente connessa alla condivisione di un'identità culturale.

I PRIMI DOCUMENTI IN VOLGARE





L'iscrizione di San Clemente
IL TESTO (e la sua spiegazione)











Primi documenti letterari in volgare

Francesco Erbani, I più antichi versi italiani, Repubblica, 14 nov 2000

"Alfredo Stussi, professore di Storia della lingua alla Normale di Pisa, .... CONTINUA

Quando eu stava in le tu' cathene...

mercoledì 25 settembre 2024

Poesia lirica: dai provenzali, ai siciliani, ai tosco-emiliani



1) I provenzali e l'amore cortese (la fin'amor)

martedì 24 settembre 2024

Guido Guinizzelli e la linea tosco emiliana




Un modello di analisi del testo poetico



[1] Vedut’ ho la lucente stella diana,
[2] ch’apare anzi che ’l giorno rend’ albore,
[3] c’ha preso forma di figura umana;
[4] sovr’ ogn’ altra me par che dea splendore:

[5] viso de neve colorato in grana,
[6] occhi lucenti, gai e pien’ d’amore;
[7] non credo che nel mondo sia cristiana
[8] sì piena di biltate e di valore.

[9] Ed io dal suo valor son assalito
[10] con sì fera battaglia di sospiri
[11] ch’avanti a lei de dir non seri’ ardito.

[12] Così conoscess’ella i miei disiri!
[13] ché, senza dir, de lei seria servito
[14] per la pietà ch’avrebbe de’ martiri.


Parafrasi


Ho visto la luminosa stella mattutina (= il pianeta Venere), che appare prima che il giorno manifesti il suo chiarore (= prima che spunti l’alba) e che ha assunto l’aspetto di una figura umana; mi pare che risplenda più di ogni altra stella.
Un viso candido come la neve, colorato di rosso, gli occhi brillanti, gioiosi e pieni di amore; non credo che al mondo esista una donna così piena di bellezza e di virtù. 
Ed io sono colpito dalla sua virtù con una lotta di sospiri (sofferenza) così crudele che davanti a lei non avrei il coraggio di parlare.
Così, magari lei potesse conoscere i miei desideri! Poiché, senza bisogno di parlare, sarei ricompensato da lei perché proverebbe compassione per i miei dolori.

Figure retoriche
  • Enjambements: vv. 7-8;
  • Allitterazioni: della “f”: v. 3: “forma di figura”; della “d”: v. 11: “ddir non seri’ ardito”; della “s” e del gruppo “ser”: v. 13: “ché, senza dir, de lei seria servito”;
  • Anastrofi: v. 1: “vedut’ho”; v. 9: “dal suo valor son assalito”; v. 11: “de dir non seri’ ardito”; v. 13: “de lei seria servito”;
  • Metafore: v. 1: “lucente stella diana”; v. 5: “viso de neve”; v. 10: “battaglia di sospiri”;
  • Iperboli: vv. 7-8: “non credo che nel mondo sia cristiana / sì piena di biltate e di valore”; v. 14: “per la pietà ch’avrebbe de’ martiri”;
  • Anadiplosi: vv. 8-9: “valore”.

Commento
Guido Guinizzelli fu il principale precursore del movimento letterario cosiddetto “Dolce stil novo”, canonizzando la nuova maniera poetica nella celeberrima canzone-manifesto Al cor gentil rempaira sempre amore. Lo stesso Dante, nel Purgatorio, lo chiama “padre” e definisce le sue rime “dolci e leggiadre”. 
Il sonetto Vedut’ho la lucente stella diana contiene tematiche prettamente stilnovistiche: le quartine sono dominate dal motivo della lode della donna, realizzata soprattutto tramite l’accostamento a immagini tradizionali del mondo naturale, appartenenti al campo semantico della luce (“lucente”, “giorno”, “albore”,”splendore”, “neve”, “colorato”, “grana”). La descrizione, come è appunto tipico dello Stilnovo, non è realistica e oggettiva: la figura femminile, infatti, appare fortemente stilizzata e idealizzata, vengono enfatizzate la sua unicità e la sua superiorità rispetto alle altre donne, ma i tratti presentati non sono associabili direttamente ad una donna reale. L’elenco delle virtù positive della donna, che in questo caso sono soprattutto interiori, rimanda al modello del plazer provenzale. È un tratto tipicamente stilnovistico di larga fortuna anche l’incapacità di parlare che coglie il poeta, sgomento di fronte alla bellezza straordinaria dell’amata (v. 11). Tutto l’apparato retorico (in particolare le iperboli e le metafore) tendono a connotare la perfezione estetica e interiore che la bellezza della donna emana.
Nelle terzine, invece, emerge soprattutto il tema della sofferenza dell’amante, rappresentata come un assalto e una “battaglia di sospiri”. L’ultima terzina sembra riportare l’amore ad una dimensione più terrena, facendolo uscire dal quella meramente contemplativa e rendendo la donna non identificabile totalmente con la figura stilnovistica della “donna angelo”: ciò costituisce una reminiscenza della poesia provenzale. Inoltre, al v. 13, assistiamo al rovesciamento in favore dell’amante del topos provenzale e cortese del servitium amoris (secondo il quale l’amante è “schiavo” della donna amata).
La struttura sintattica di Vedut’ho la lucente stella diana è semplice e lineare, non sono presenti periodi complessi né metafore ardite, rime difficili, termini rari; il lessico amoroso è quello tipico dello Stilnovo.
Note.
  • Da notare, per quel che riguarda la “donna stilnovista”, è la diffusione del culto mariano in età medievale che influenza la caratterizzazione della donna e d’altro canto ne trae forza.



domenica 22 settembre 2024

I memoriali bolognesi


L’Ufficio dei Memoriali, istituito con un provvedimento statutario emanato il 26 aprile 1265 dai podestà Loderingo degli Andalò e Catalano de’ Malavolti, si segnala come un fenomeno unico per averci tramandato, negli spazi bianchi che intervallavano i contratti stipulati tra privati cittadini, una nutrita serie di rime in volgare, trascritte, tra il 1279 e il 1325, dai notai bolognesi.
 Nacque così una corposa, per quanto eccentrica, tradizione manoscritta, solcata da un’ampia polifonia di registri tematici e formali in cui confluivano, accanto ai testi più “aristocratici” dello stilnovismo, quelli più “umili” della letteratura popolare e giullaresca, della scuola siciliana, di quella siculo-toscana e della poesia bolognese irradiata da Guido Guinizzelli. 
Sono attestati anche due sonetti di Dante, uno dei quali proverebbe la sua presenza a Bologna nel 1287 e alcuni versi dell'Inferno trascritti nel 1317. 


Guido Cavalcanti

Chi è questa che vèn ch'ogn'om la mira,
che fa tremar di chiaritate l'are
e mena seco Amor, sì che parlare
null'omo pote, ma ciascun sospira?

O Deo, che sembra quando li occhi gira!
dical'Amor, ch'i' nol savria contare:
cotanto d'umiltà donna mi pare,
che ogn'altra ver' di lei i' la chiam' ira.

Non si poria contar la sua piagenza,
ch'a le' s'inchin' ogni gentil vertute,
e la beltate per sua dea la mostra.

Non fu sì alta già la mente nostra
e non si pose 'n noi tanta salute,
che propiamente n'avian canoscenza. 

ANALISI DELLA POESIA (da FareLetteratura)

Guido Cavalcanti (circa 1259-1300) è l'esponente più significativo dello stilnovo

sabato 21 settembre 2024

Bestiari medievali

BESTIARI




Ecco una serie di interessanti risorse sulla rappresentazione degli animali nel Medioevo.
Puoi visitare in linea la Mostra “Animali fantastici”. E’ una carrellata di immagini di animali fantastici tratti da 19 manoscritti e da 9 libri a stampa databili tra i secoli XII ex. e XVIII, in latino, greco, volgare e persiano, originari dall’Italia, Francia, Olanda e Iran e provenienti da diversi fondi della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze.
Sono presenti, tra le pagine, raffigurazioni delle più svariate creature immaginarie: sirene, satiri, draghi, centauri, fenici, unicorni, basilischi, cavalli alati, grifoni e minotauri di ogni foggia e fattura che illustrano, spiegano e abbelliscono i testi, le iniziali, i margini, gli ex libris e le marche tipografiche di tutti i volumi in mostra.
Questa è invece la sezione dedicata agli animali del famoso sito
"Le Moyen Âge en lumière" che contiene 120.000 immagini tratte da 250.000 manoscritti francesi.
Interamente dedicato alla rappresentazione degli animali nel Medioevo è il sito The Medieval Bestiary. Sono numerose le risorse proposte. Si può navigare nella Bibliografia (ricercabile per Autore, Soggetto), negli Animali rappresentati, nei Manoscritti (da cui sono tratte le digitalizzazioni). Non manca un’Enciclopedia sul tema e una Digital Text Library.
Questa è invece la bellissima mostra virtuale della Biblioteca Nazionale di Francia: Bestiaire du Moyen Age, ricchissima di immagini e di numerose sezioni dedicate ai diversi animali rappresentati, alle diverse tipologie di bestiari e di opere che in generale trattano di animali nel Medioevo. Completa la rassegna, un dossier “pedagogico” dedicato al tema.
_______________
“Sintesi delle conoscenze scientifico-naturalistiche del loro tempo e insieme manuali di dottrina cristiana, i bestiari discendono, in configurazioni via via più ampie, dal Phisiologus greco, il celebre repertorio (composto probabilmente ad Alessandria d'Egitto nel II secolo d.C.), corredato di interpretazioni allegoriche o morali, delle proprietà e dei comportamenti, immaginari o reali, di una quarantina di animali favolosi, esotici o comuni. Si manifesta in questi testi la concezione cristiana del mondo come "foresta di simboli", in cui le realtà visibili sono prima di tutto riflesso di quelle invisibili, metafore della verità rivelata. Scritto dalla mano divina, il libro della natura, come la Bibbia, nasconde infatti dietro un senso "letterale" significati più profondi, da individuare con l'ausilio di specifiche conoscenze e con le stesse tecniche richieste per la corretta interpretazione delle Scritture. E i bestiari si propongono appunto come vere e proprie guide alla comprensione del significato riposto del regno animale, nonché come strumenti utili all'esegesi delle numerose immagini zoologiche presenti nei testi sacri".(Bestiari medievali, Introduzione, Einaudi, 1996)


"Ogni oggetto materiale era considerato come la raffigurazione di qualcosa che gli corrispondeva su un piano più elevato e diventava così il suo simbolo.... Nei primi secoli del cristianesimo queste interpretazioni allegoriche avevano uno scopo ben preciso: quello di stupire gli increduli e portarli quindi all’accettazione della dottrina cristiana". (Jacques Le Goff)

Leggi le simbologie degli animali e le descrizioni:

SIRENA

FENICE

UNICORNO



Dante Alighieri : chi era, come era?



Ritratto di Dante da parte di Boccaccio:
brano tratto da G. Boccaccio, Vite di Dante, a cura di P.G. Ricci, Milano, Mondadori, 2002, p. 31.

Boccaccio, fedele al modello delle biografie di epoca classica, descrive nella "Vita di Dante" prima l'aspetto fisico del poeta e poi offre un quadro delle sue qualità morali e intellettuali
Analizza il ritratto di Dante fatto dal Boccaccio individuando le caratteristiche del poeta e gli elementi della personalità dantesca che più affascinano il Boccaccio, integrando l'analisi con le tue conoscenze sulla vita di Dante.


"Fu adunque questo nostro poeta di mediocre [media] statura, e, poi che alla matura età fu pervenuto, andò alquanto curvetto, ed era il suo andare grave e mansueto [solenne e composto], d'onestissimi panni sempre vestito in quello abito che era alla sua maturità convenevole. Il suo volto fu lungo, e il naso aquilino, e gli occhi anzi [più] grossi che piccioli, le mascelle grandi, e dal labro di sotto era quel di sopra avanzato; e il colore era bruno, e i capelli spessi, neri e crespi, e sempre nella faccia malinconico e pensoso. […]
Ne' costumi domestici e publici mirabilmente fu ordinato e composto, e in tutti più che alcuno altro cortese e civile.[…]
Niuno altro fu più vigilante [impegnato]di lui e negli studi e in qualunque altra sollecitudine il pugnesse [e in qualunque altro impegno lo stimolasse]; intanto che più volte e la donna e la sua famiglia se ne dolsono […]
Sommamente si dilettò in suoni e in canti nella sua giovinezza […]
Quanto ferventemente esso fosse ad amor sottoposto, assai chiaro è già mostrato. Questo amore è ferma credenza di tutti che fosse movitore del suo ingegno […]
Dilettossi similmente d'essere solitario e rimoto dalle genti, acciò che le sue contemplazioni non gli fossero interrotte […]
Ne' suoi studi fu assiduissimo, quanto è quel tempo che ad essi si disponea [per tutto il tempo in cui vi si dedicò], intanto che niuna novità che s'udisse, da quegli il poteva rimuovere.[…]
Fu ancora questo poeta di meravigliosa capacità e di memoria fermissima e di perspicace intelletto […]
D'altissimo ingegno e di sottile invenzione [creatività] fu similmente, sì come le sue opere troppo più manifestano agl'intendenti che non potrebbono fare le mie lettere [i miei scritti]"

Dante e Guido: Amicizia e vita da studenti

Guido, i' vorrei...: il testo del famoso sonetto


________________________________________

Dante, studente a Bologna tra l'estate del 1286 e l'estate del 1287, vi compone il sonetto 
"Non mi poriano già mai fare ammenda", 

che compare in un Memoriale bolognese già nel 1287 ed è inserito nelle Rime al numero LI

Non mi poriano già mai fare ammenda
del lor gran fallo gli occhi miei sed elli
non s’accecasser, poi la Garisenda
4torre miraro co’ risguardi belli,

e non conobber quella (mal lor prenda!)
ch’è la maggior de la qual si favelli:
però ciascun di lor voi che m’intenda
8che già mai pace non farò con elli;

poi tanto furo, che ciò che sentire
doveano a ragion senza veduta,
11non conobber vedendo; onde dolenti

son li miei spirti per lo lor fallire,
e dico ben, se ’l voler non mi muta,
14ch’eo stesso li uccidrò que’ scanoscenti!



Vedi il commento a questo link Treccani: 
http://www.treccani.it/enciclopedia/non-mi-poriano-gia-mai-fare-ammenda_%28Enciclopedia-Dantesca%29/

venerdì 20 settembre 2024

Inferno terzo


Paolo e Francesca (Inf V) per Borges e altri due studiosi




JORGE LUIS BORGES

INFERNO, V, 129

Lascian cadere il libro, ormai già sanno
che sono i personaggi del libro.
(Lo saranno di un altro, l'eccelso,
ma ciò ad essi non importa).
Adesso sono Paolo e Francesca
non due amici che dividono
il sapore di una favola.
Si guardano con incredulo stupore.




FONTI MEDIEVALI DELLA COMMEDIA

 (DA OILPROJECT)
Fonti medievali
Oltre alla cultura classica, filosofica e teologica, non possiamo però prescindere dalla conoscenza dantesca della sua contemporaneità e dalla diffusione di opere riportanti i racconti di leggende legati alla figura di Cristo e di santi. In questo senso, tra i testi che fanno da base alla Commedia ci sono leggendari medievali e raccolte di vite di santi quali la Legenda Aurea del domenicano Jacopo da Varazze (1238-1298), oppure testi appartenenti al filone del “viaggio ultraterreno” quali la Navigatio Sancti Brendani (IX-X secolo, di area irlandese) e la leggenda del Purgatorio di San Patrizio (opera di un monaco cistercense della fine del XII secolo) a cui bisogna aggiungere il filone delle visioni ultramondane. Per quanto riguarda testi più vicini a livello cronologico rispetto alla composizione della Commedia, della seconda metà del XIII secolo in poi, possiamo pensare al De Babilonia civitate infernali e al De Ierusalem Coelesti di Giacomino da Verona, al Libro delle tre scritture di Bonvesin de la Riva (1240 ca. - 1315 ca.) e al Libro dei vizi e delle virtù di Bono Giamboni (1235-1295), in cui il valore simbolico-allegorico del viaggio nell’aldilà acquista un preciso valore morale e didascalico.
 Fonti arabe
Molti critici, sulla scorta di alcuni studi di Maria Corti, sostengono oggi in maniera più convinta la conoscenza della cultura araba da parte di Dante, filtrata da una serie di traduzioni. Un esempio è sicuramente quello del Libro della Scala, opera escatologica in arabo in cui viene raccontata l’ascesa di Maometto al cielo, e tradotto successivamente, su commissione di Alfonso X di Castiglia in spagnolo, francese antico e latino (negli ultimi due casi, il lavoro venne commissionato a Bonaventura da Siena). Inoltre la diffusione della cultura araba in area italiana è testimoniata dalla presenza di studiosi, libri e persone alla corte di Federico II e nelle università, come Bologna e Padova, dove veniva discusso il commento di Averroè ad Aristotele.
SI PUO' APPROFONDIRE LEGGENDO UN'INTERVISTA A MARIA CORTI SU DANTE E L'ISLAM, QUI


Il Libro della Scala e le influenze arabe: una questione irrisolta 


(DA INTERNET CULTURALE)

fotografiaCon il titolo Libro della Scala si identifica un antico testo

 escatologico arabo-spagnolo che, sviluppando un celebre

 passo del Corano, racconta la storia del viaggio che

 Maometto compie nell’al di là, guidato dall’angelo 

Gabriele. Salito al Paradiso, attraverso una scala lucente

 che dà il nome all’opera, Maometto supera otto cieli, in ognuno dei quali incontra un profeta, e arriva a Dio, che gli affida il Corano. La narrazione prosegue con la visita delle sette terre infernali, alternando la rappresentazione dei tormenti con ampie digressioni dell’angelo Gabriele sul giorno del giudizio e sulla prova del ponte. Finito il cammino, Maometto fa ritorno sulla terra e rivela ai Meccani la sua visione.

Il testo, di cui non si è conservata la versione originale, ha conosciuto una straordinaria fortuna ed è citato con una certa frequenza almeno fino alla fine del XVI secolo. Dopo una traduzione in castigliano (anch’essa perduta), che Alfonso el Sabio fece eseguire intorno al 1264 dal medico giudaico Abraham, si sono susseguite, sempre per volere del re, almeno altre due traduzioni, affidate questa volta all’italiano Bonaventura da Siena: la prima, in latino, è attestata da un manoscritto che oggi è a Oxford, mentre la seconda, in francese antico, è tramandata da due codici, conservati rispettivamente uno alla Bibliothèque Nationale de France e l’altro alla Biblioteca Apostolica Vaticana.

La vicinanza tematica e, in qualche caso, anche formale della versione latina del testo arabo soprattutto con la prima cantica della Commedia ha indotto alcuni studiosi (Miguel Asìn Palacios, Enrico Cerulli, Maria Corti) ad includere il Libro della Scala nel vasto corpus delle fonti del poema e a riconsiderare l’ipotesi che l’escatologia (la scienza dell'oltreterreno) musulmana abbia esercitato una qualche influenza sulla scrittura dantesca. Ma si tratta di una questione ancora molto dibattuta e che incontra forti e motivate resistenze tra i dantisti.

_______________________________________________________


Le fonti della “Commedia”

 Giorgio PETROCCHI, Per conoscere Dante e la Divina commedia, Torino, 1988, pp. 33 -34


Il proposito, espresso al termine della Vita Nuova di dedicare all'amore per Beatrice una più degna trattazione, collegata ad "una mirabile visione", si inseriva in una tradizione letteraria di visioni allegoriche, tradizione che nella Commedia avrà un contenuto escatologico e una finalità profetica. 

Tutto ciò non era nuovo alla cultura del Medioevo, ricca di opere ispirate ai Vangeli, soprattutto a quelli Apocrifi: dalla Visio Sancti Pauli alla Navigatio sancti Brandani, dal Purgatorio di san Patrizio alla Visio Alberici e alla Visio Tungdali, sino a giungere ai poemetti in volgare molto diffusi nell'età giovanile di Dante, e cioè il De Jerusalem coelesti e il De Babilonia civitate infernali di Giacomino Veronese, il Libro delle tre scritture di Bonvesin da la Riva, il Libro de' Vizi e delle Virtudi del fiorentino Bono Giambani (quest'ultimo certamente più vicino alle consuetudini di lettura di Dante giovane).

 È stata poi avanzata l'ipotesi che Dante s'ispirasse ad un'opera musulmana, il Libro della Scala (tradotto dall'arabo in castigliano per ordine di re Alfonso), in cui si narra il mi'rag, cioè la salita al cielo di Maometto. 

Non è facile affermare di quante e quali “leggende”, nordiche o italiane od orientali, Dante avesse conoscenza diretta o impropria, anche se è indubbio che la vastissima tradizione letteraria non gli era nel complesso ignota; si può al massimo ritenere che qualche barlume di quelle letture, una sola immagine o una parte d 'immagine, siano rimasti nella sua “memoria” poetica così eccezionalmente prensile e durevole. Quel che va negato è che la Commedia in quanto tale possa essere stata concepita, strutturata ed espressa sulla base determinante di questa tradizione escatologica.

Le due vere “fonti” del poema sono l’Eneide di Virgilio, come costante ricordo d'una grande esperienza letteraria di descrizione di una discesa agl’Inferi, e la Bibbia, come somma di visioni profetiche, come grande costruzione mistico - visionaria. Accanto alle due “fonti” vere e proprie si colloca un'intensa lettura di classici pagani e cristiani, dall’Etica nicomachea e dalla Retorica di Aristotile al De officiis di Cicerone, dagli elementi morali insiti in Virgilio e in Stazio alle visioni mistiche dei Padri della Chiesa Occidentale, per giungere a sant’Alberto Magno, a san Bonaventura a san Tommaso d'Aquino: testi del tutto ignoti o comunque non operanti negli autori di poemi e poemetti duecenteschi. 
Sarà opportuno citare qualche esempio: l'idea di collocare il Paradiso terrestre sopra la vetta d'un alto monte è già nei Padri della Chiesa Orientale, e in san Bonaventura è presente l'idea di situarli in un'atmosfera pura; la struttura del Paradiso si riallaccia alla concezione di san Tommaso dei tre gradi conoscitivi.
 La topografia morale dell'Inferno è basata sullo schema aristotelico dei peccati. Il poema, che riflette intero ogni aspetto di Dante poeta, c 'è innanzi per testimoniare, con la prodigiosa varietà degli effetti come egli non leghi la propria poesia ad un particolare clima dello spirito; e perciò non può essere vincolato a schemi ristretti che ne impoveriscano la figura, facendolo poeta di questo o di quell'aspetto della vita spirituale. In realtà la Commedia trova la propria poesia nella più varia e complessa umanità in una serie pressoché infinita di sentimenti acutamente sofferti; e perciò il segreto per comprendere il tono molteplice di quella poesia sta nel conoscere Dante uomo e nell'individuare il nodo intorno al quale sta salda la sua personalità.






giovedì 19 settembre 2024

L'inferno di Dante e quello di Primo Levi

 



Una lettura parallela di grande intensità è quella che si può costruire tra un testo del medioevo come la Commedia, in particolare l'Inferno, e un testo del novecento che è Se questo è un uomo di Primo Levi.

Tra le tante proposte in rete (basta digitare "Dante e Levi"), un possibile percorso è molto ben spiegato in un articolo che riporta l'esperienza in classe di Cinzia Ruozzi. 

E' molto ricco ed articolato. 

Lo si trova a questo link

https://iger.org/2012/01/31/dante-e-levi-percorsi-di-letture-parallele/


Francesco Petrarca


DUE FILMATI DI RAISCUOLA : 

mercoledì 18 settembre 2024

Giovanni Boccaccio 1


Gianni Celati, Lo spirito della novella

Giorgio Agamben, Il fuoco e il racconto




martedì 17 settembre 2024

Giovanni Boccaccio 2


                                                      Certaldo

lunedì 16 settembre 2024

MEDIO EVO E UMANESIMO // LE DONNE POETE

 Parole chiave del medio evo:

Età di mezzo?
invasioni barbariche
feudalesimo
cattolicesimo
castelli e conventi
passaggio dal latino ai volgari
nascita delle letterature nazionali
codificazione dei generi letterari
spopolamento delle campagne, urbanizzazione
Impero
liberi Comuni
cattedrali: affreschi e vetrate
allegoria
predicazione
pellegrini
mercanti
senso del peccato e mortificazione del corpo
"nascita" del purgatorio
Peste

Parole chiave dell'Umanesimo
Signorie
Banche
Da Dio... all'Uomo
Il libro e la trasmissione del sapere




giovedì 27 maggio 2021

Il poema epico cavalleresco - caratteristiche

                                         Il poema epico cavalleresco 


  • Il precedente più lontano di questo genere letterario è rappresentato dall’epica classica (èpos in greco significa ‘narrazione’), per cui qui basta ricordare i poemi attribuiti a Omero e l’Eneide di Virgilio.
  •  Nel Medioevo nasce l’epopea cavalleresca, che si ispirava ai nuovi principi del cristianesimo, primo fra tutti la difesa della fede, mescolati con i valori guerreschi della società feudale. L’esempio più noto è La Chanson de Roland, che celebra le gesta di Orlando, il famoso paladino di Carlo Magno, e la morte dell’eroe a Roncisvalle. 
  • Al ciclo cosiddetto carolingio si affiancano il ciclo bretone, con carattere più chiaramente avventuroso ed erotico, che cantava le gesta di re Artù e dei cavalieri della tavola rotonda, e il ciclo classico, che riesumava con spirito medievale le imprese degli eroi di Troia e di Tebe, come pure di Alessandro Magno. 
  • Senza contare poi le saghe che celebravano le stirpi germaniche, anglosassoni, slave o le guerre della Spagna contro i Mori. Si tratta di un complesso di opere molto importanti anche sul piano linguistico, perché rappresentano le prime espressioni letterarie dei volgari neolatini e di altre lingue moderne.

sabato 16 maggio 2020

Corti e Signorie

(tratto da Beatrice del Bo, Le corti nell'Italia del Rinascimento, Firenze University Press, 2011) 
Inizialmente, numerose Signorie si presentarono come "cripto-Signorie", cioè delle "Signorie nascoste"; infatti, queste non erano delle istituzioni legittime, ma erano appunto "nascoste". Vengono cosiddette poiché si aggiunsero alle istituzioni comunali senza mostrarsi apertamente e senza mostrare cambiata l'istituzione vigente. Con questa Signoria ancora in ombra (ma già forte) salirono al potere molti avventurieri, ma soprattutto famiglie di antica nobiltà cittadina. Queste, dopo aver governato per una o due generazioni, decisero di legittimare il loro potere e di renderlo ereditario. 

venerdì 17 aprile 2020

CICERONE


UN VIDEO SU MARCO TULLIO CICERONE!
https://campus.hubscuola.it/discipline-umanistiche-2/latino/autori-in-video-cicerone/

LA SUA "LINEA DEL TEMPO"
https://procicerone.github.io/timeline/

LA CONGIURA DI CATILINA
https://www.youtube.com/watch?v=LDIw4u_S7Lk

l'ORAZIONE CONTRO CATILINA: PRIMA CATILINARIA
https://sites.google.com/site/marcotulliocicerone123/home/prima-catilinaria-1

FINALE PRIMA CATILINARIA: LA "PERORATIO"
https://campus.hubscuola.it/content/uploads/2019/08/c4_lat_cicerone2.pdf


IL POTERE DELLA PAROLA
https://www.youtube.com/watch?v=E0WRXJ3nRPU


Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?
Quam diu etiam furor iste tuus nos eludet? Quem ad finem sese effrenata iactabit audacia? Nihilne te nocturnum praesidium Palati, nihil urbis vigiliae, nihil timor populi, nihil concursus bonorum omnium, nihil hic munitissimus habendi senatus locus, nihil horum ora voltusque moverunt?
Patere tua consilia non sentis, constrictam iam horum omnium scientia teneri coniurationem tuam non vides?
Quid proxima, quid superiore nocte egeris, ubi fueris, quos convocaveris, quid consilii ceperis, quem nostrum ignorare arbitraris? (2) O tempora, o mores! Senatus haec intellegit. Consul videt; hic tamen vivit. Vivit?

lunedì 20 gennaio 2020

Catullo


 
Sirmione, sul lago di Garda,la cosiddetta "villa di Catullo"


Biografia di Catullo

mercoledì 11 dicembre 2019

L'invenzione della scrittura - l'epopea di Gilgames'

La ziqqurat a URUK dove sono state ritrovate le tavolette di argilla




Dal poema epico sumero "Enmerkar e il Signore di Aratta" 

domenica 6 ottobre 2019

La civiltà esposta dei Romani



L'epigrafia si occupa di studiare tutti i "materiali iscritti "che ci sono pervenuti direttamente dall'età antica: l'accento deve essere posto proprio sul fatto che questi materiali ci sono giunti per via diretta dal mondo antico, a differenza delle fonti letterarie, tramandate indirettamente, attraverso la mediazione dei copisti medievali, ed oggetto di studio della filologia. AGli scritti che compaiono sulle monete sono invece studiati dalla numismatica, sebbene il tipo di scrittura capitale (cioè maiuscola) e le abbreviazioni siano del tutto simili a quelle che incontriamo nelle epigrafi.
L'epigrafia latina si occupa ovviamente delle iscrizioni in lingua latina.
Le prime iscrizioni latine risalgono al VII - VI sec. a.C. Nella dottrina scientifica è frequente il richiamo, a proposito delle più antiche manifestazioni epigrafiche della lingua latina, alla cosiddetta 
fibula Praenestina.

La fibula riporterebbe il testo latino arcaico Manios med fhefhaked Numasioi, il cui equivalente in latino classico sarebbe Manius me fecit Numasio; avremmo in questo caso il cosiddetto motivo dell'oggetto parlante: è la stessa fibula che parla, menzionando l'artigiano che l'ha eseguita e la persona cui l'oggetto era destinato. Sull'autenticità dell'iscrizione e della fibula stessa hanno da sempre pesato gravi sospetti. Secondo la grande epigrafista recentemente scomparsa, Margherita Guarducci, la fibula sarebbe un falso, frutto della truffaldina collaborazione tra uno studioso, Wolfgang Helbig, e un antiquario, Francesco Martinetti.
Il compito primario dello studioso di epigrafia è quello di pubblicare le nuove iscrizioni venute alla luce e di rivedere le vecchie pubblicazioni, di integrare le epigrafi che ci sono giunte in imperfetto stato di conservazione, sciogliere le numerose abbreviazioni che compaiono nei testi, e che non sempre sono immediatamente comprensibili, infine datare le iscrizioni
Ma i compiti dell'epigrafista non si fermano qui: egli dopo aver letto e pubblicato correttamente il documento deve anche illustrare il valore che questa nuova testimonianza ha nella ricostruzione storica del mondo romano; in questo senso i compiti dell'epigrafista finiscono per confondersi con quelli dello storico
Incontreremo frequentemente epigrafi tratte dal Corpus Inscriptionum Latinarum (abbreviato CIL), il grande progetto di raccolta di tutte le iscrizioni latine a noi note intrapreso nel secolo scorso dall'Accademia di Berlino sotto la direzione di Theodor Mommsen. Il CIL, al quale tuttora si continua a lavorare proponendo di tanto in tanto supplementi, è articolato in diversi volumi divisi per ambito cronologico, geografico e tematico (ad es. il volume XV contiene le iscrizioni da Roma su oggetti mobili, come anfore, vasi, lucerne, gioielli, etc., il cosiddetto instrumentum domesticum). (da www.telemaco.unibo.it)

venerdì 20 settembre 2019

Primo giorno di scuola con... Kafka

Lettura di ingresso





Franz Kafka "Un messaggio dell'imperatore"

L’imperatore – così si dice – ha inviato a te, al singolo, all’umilissimo suddito, alla minuscola ombra sperduta nel più remoto cantuccio di fronte al sole imperiale, proprio a te l’imperatore ha mandato un messaggio dal suo letto di morte. Ha fatto inginocchiare il messaggero accanto al letto e gli ha bisbigliato il messaggio nell’orecchio; tanto gli stavi a cuore che s’è fatto ripetere, sempre all’orecchio, il messaggio. Con un cenno del capo ne ha confermato l’esattezza. E dinanzi a tutti coloro che erano accorsi per assistere al suo trapasso: tutte le pareti che ingombrano sono abbattute e sulle scalinate che si ergono in larghezza stanno in cerchio i grandi dell’impero; dinanzi a tutti questi ha congedato il messaggero. Il messaggero s’è messo subito in cammino; un uomo robusto, instancabile; stendendo a volte un braccio, a volte l’altro fende la moltitudine; se incontra resistenza indica il petto, dove c’è il segno del sole; egli avanza facilmente come nessun altro. Ma la moltitudine è enorme; le sue abitazioni non finiscono mai. Come volerebbe se potesse arrivare in aperta campagna e presto udresti il meraviglioso bussare dei suoi pugni al tuo uscio. Invece si affatica quasi senza scopo; si dibatte ancora lungo gli appartamenti del palazzo interno; non li supererà mai, e se anche ci riuscisse nulla sarebbe ancora raggiunto; dovrebbe lottare per scendere scale, e se anche ci riuscisse nulla sarebbe ancora raggiunto; bisognerebbe attraversare i cortili, e dopo i cortili il secondo palazzo che racchiude il primo; altre scale, altri cortili; e un altro palazzo, e così via per millenni; e se riuscisse infine a sbucare fuori dal portone più esterno – però questo non potrà verificarsi mai e poi mai – si troverebbe ancora davanti la capitale, il centro del mondo, ricoperta da tutti i suoi rifiuti. Nessuno può uscirne fuori e tanto meno col messaggio di un morto. Tu, però, stai alla tua finestra e lo sogni, quando scende la sera.
__________________________________________________

Un'altra traduzione QUI

Una possibile interpretazione: Nell’interpretazione kafkiana il palazzo, con le sue mura concentriche, le sale, i cortili, le porte di differente grandezza diventa un enigmatico labirinto, simbolo dell’assurda condizione dell’uomo contemporaneo, soffocato dagli ingranaggi della burocrazia.