lunedì 28 settembre 2020

Poesia lirica: dai provenzali, ai siciliani, ai tosco-emiliani



1) I provenzali e l'amore cortese (la fin'amor)


Amore cortese (dal sito UCIIM)

 Secondo la tradizione, il primo trovatore fu Guglielmo IX, duca d' Aquitania, grande signore feudale amante della guerra e dei piaceri mondani, nella cui produzione poetica compaiono già gli elementi che caratterizzarono l'originale concetto trobadorico dell'amore: "l'amor cortese", anche chiamato verai' amor (amore vero) o fin'amor (amore sublime).

Era un concetto rivoluzionario, in quanto la donna non era più confinata in una posizione di totale inferiorità rispetto all'uomo, bensì la poesia trobadorica le conferiva grande dignità, onore e rispetto. Essa diventava l'incarnazione di qualità nobili e virtuose. Alcune canzoni lamentavano la fredda indifferenza della dama nei confronti del poeta-ammiratore: infatti, almeno in teoria, l'amore del trovatore doveva rimanere casto, in quanto il suo obiettivo principale non era possedere la dama, bensì il raffinamento morale che l'amore per lei gli ispirava. Per rendersene degno, l'innamorato doveva coltivare umiltà, padronanza, pazienza, lealtà e tutte le nobili qualità che la dama possedeva. In questo modo l'amore poteva trasformare positivamente anche l'uomo più rude.

I trovatori credevano che l'amore cortese fosse la fonte del raffinamento sociale e morale, che gli atti cortesi e le nobili gesta nascessero dall'amore. Quest'idea venne elaborata e diventò il fondamento di un intero codice di condotta che, con il tempo, fu assorbito anche dalla gente comune. In contrasto con la società feudale era iniziato un nuovo modo di vivere.

Molto spesso le liriche del poeta erano indirizzate alla dama presso la cui corte egli prestava servizio. Essendo questa donna maritata, il compositore doveva prestare attenzione ai termini di cui si serviva nelle sue liriche ed esser molto cauto per evitare che coloro che avessero letto o udito il suo componimento intuissero ed identificassero il soggetto delle sue lodi. Per raggiungere tale scopo i poeti evitavano qualsiasi nominativo, che sarebbe stato oggetto immediato di identificazione, preferendo riferirsi all'amata tramite uno pseudonimo (detto senhal) oppure si riferivano completamente ad altre donne, nonostante esse non fossero le reali destinatarie dei pensieri del poeta, per proteggere l'identità dell'amata. Si consideri anche che, per rigida imposizione della dottrina cristiana, non veniva mai descritto l'aspetto fisico, o almeno non nella corrente dei poeti cortesi, eccezion fatta per gli occhi, ritenuti lo specchio dell'anima. Le uniche cose descritte della donna erano la bellezza dal punto di vista spirituale e le virtù da essa mostrate.

Questo tipo di amore destinato a non poter esser corrisposto, ma a rimanere soprattutto spirituale, porterà successivamente alla donna angelicata, non solo posta su un piedistallo, ma addirittura considerata alla pari di un angelo. I poeti Stilnovisti toscani, provando amore per questa donna, erano in grado di comprendere e di provare l'amore divino, la forma più elevata e sublime di amore.


I trovatori:  articolo di Tabucchi su De Andrè ultimo trovatore

__________________________________________________________________



2) Dalla lirica provenzale al Dolce Stil Novo: una pagina riassuntiva al link 


Arnaut Daniel
Poeta provenzale nato in Dordogna (Francia), nel vescovado di Périgord, e fiorito tra il 1180 e il 1210. Fu tra i maggiori seguaci di quel genere di poesia ermetica e tecnicamente ardua trobar clus che ebbe in Marcabruno il proprio iniziatore. Considerato da Dante, nel De vulgari eloquentia (II ii 9), come il trovatore più importante dopo Giraut de Bornelh e senz’altro il maggior compositore in lingua d’oc di poesie d’amore, Arnaut Daniel è celebrato in Purg. XXVI 115-26 come il principe non solo dei poeti (compreso lo stesso Giraut), ma anche dei prosatori volgari. I termini con i quali, per bocca di Guido GUINIZZELLI, viene espresso questo primato ("Versi d’amore e prose di romanzi / soverchiò tutti ...", Purg. XXVI 118-19) hanno indotto in passato alcuni studiosi a ritenere possibile che Arnaut abbia composto anche alcuni romanzi, andati poi perduti (ipotesi oggi completamente accantonata). .
****************************************

Con la poesia dei trovatori si può far nascere la lirica moderna.
Il nome trovatore deriva dal provenzale trobador, riconducibile al latino medievale tropatore ossia "inventore di tropi": il tropus è infatti un genere di componimento in versi che nel corso del XV secolo era particolarmente diffuso nel canto liturgico e in particolar modo nell'abbazia di San Marziale di Limoges.
La sua origine è riconducibile alle corti feudali in una civiltà "cortese" in cui il trovatore svolge la sua attività da professionista, provvedendo sia all'aspetto poetico sia a quello più strettamente musicale.
Le liriche erano dunque non erano destinate alla lettura bensì al canto e alla recitazione da parte dello stesso trovatore o di un giullare (dal latino joculator), che spesso popolava fiere e corti: si può anche pensare ad una divisione professionale dei compiti in cui al trovatore spettava un compito di compositore mentre al giullare era poi affidata l'esecuzione, sebbene tale distinzione non appare sempre così netta.


3) Dai provenzali ai siciliani
____________________________________________________________

 Jacopo da Lentini (1210-1250: notaio imperiale di Catania)

.......................... 
 Canzonetta novella,
va’ canta nova cosa;
lèvati da maitino
davanti a la più bella,
fiore d’ogni amorosa,
bionda più c’auro fino:
"Lo vostro amor, ch’è caro,
donatelo al Notaro
ch’è nato da Lentino.

Conviene ricordare la funzione importante di Iacopo da Lentini nell'ambito della Scuola Siciliana: gli si attribuisce il ruolo di un vero caposcuola. Questa tesi e supportata soprattutto dalla posizione principale delle sue poesie all'interno del codice Vaticano Latino 3793.


____________________________________________________________________

Una slide sui temi forti della poesia medievale:



_________________________________________
3) GUIDO GUINIZZELLI

Guido Guinizzelli, bolognese, giudice e uomo politico, nato intorno al 1235 e probabilmente morto in esilio a Monselice nel 1276, è il poeta che fondò quella maniera di poetare che Dante nel canto XXIV del Purgatorio definì "dolce stil nuovo". Con la canzone Al cor gentile rempaira sempre amore egli inaugurò sia sul piano dei contenuti (l'identità di amore e cor gentile, la poesia della lode, l'analogia dell'esperienza amorosa coi fenomeni naturali) sia su quello formale le basi della nuova maniera che avrebbe raggiunto compiutezza a Firenze con Cavalcanti e Dante.

_____________________________________________________

4)  GUIDO CAVALCANTI

Chi è questa che vèn ch'ogn'om la mira,
che fa tremar di chiaritate l'are
e mena seco Amor, sì che parlare
null'omo pote, ma ciascun sospira?

O Deo, che sembra quando li occhi gira!
dical'Amor, ch'i' nol savria contare:
cotanto d'umiltà donna mi pare,
che ogn'altra ver' di lei i' la chiam' ira.

Non si poria contar la sua piagenza,
ch'a le' s'inchin' ogni gentil vertute,
e la beltate per sua dea la mostra.

Non fu sì alta già la mente nostra
e non si pose 'n noi tanta salute,
che propiamente n'avian canoscenza. 

[…] la poesia di Guido, con la sua intensa capacità di esprimere «lo sbigottimento che accompagna il più completo abbandono alla potenza del sentimento amoroso» (B. Nardi), è quasi un unicum. Ce la fa sentire vicina a Catullo o a Saffo il «senso dell’eros che riempie e distrugge la vita, dell’eros come fonte di poesia e nello stesso tempo come totalità dell’esistenza e destino senza residui e senza scampo», indicato da Antonio La Penna, appunto, come presupposto della «rivoluzione morale» catulliana; d’altra parte, la profonda «ansia dell’assoluto sentito come inattingibile approdo» (M. Marti) troverà lontana rispondenza in Leopardi. […] «la disintegrazione dell’unità dell’essere e della coscienza, e la conseguente vanificazione della possibilità di dire “io”, non potrebbero essere condotte più avanti» (S. Giovannuzzi). […]
Altra caratteristica essenziale della poesia di Guido è la struttura rigorosamente intellettualistica, organizzata secondo un’intrinseca coerenza logica, che ha certo contribuito non poco a farlo giudicare da Francesco de Sanctis «artefice più che artista, inteso massimamente alla parte meccanica e tecnica della forma». Ma proprio in ciò consiste, a ben vedere, la sua grandezza: in lui l’altezza d’ingegno è la condizione stessa della creazione poetica; e il rigore logico e consequenziario non indebolisce l’elaborazione fantastica, anzi, la fonda e la nutre, e ne è a sua volta nutrito: la sintassi si fa chiara e schietta, funzionale ad un’espressione dolce e melodica, tendente «verso una semplicità classicamente armoniosa».

(Dall’Introduzione di Letterio Cassata a G. Cavalcanti, Rime, Donzelli, Roma, 1998 [1995]).


Nelle sue poesie [di Cavalcanti] le dramatis personae più che personaggi umani sono sospiri, raggi luminosi, immagini ottiche, e soprattutto quegli impulsi o messaggi immateriali che egli chiama “spiriti”. Un tema niente affatto leggero come la sofferenza d’amore, viene dissolto da Cavalcanti in entità impalpabili che si spostano tra anima sensitiva e anima intellettiva, tra cuore e mente, tra occhi e voce. Insomma, si tratta sempre di qualcosa che è contraddistinto da tre caratteristiche: 1) è leggerissimo; 2) è in movimento; 3) è un vettore d’informazione. […]
In Cavalcanti tutto si muove così rapidamente che non possiamo non renderci conto della sua consistenza ma solo dei suoi effetti.

(I. Calvino, Lezioni americane, "Leggerezza", Garzanti, Milano, 1988).


POSSIBILE VERIFICA

Classe terza Verifica di italiano sulla lirica medievale

Tipologia: risposte aperte

11) Alcuni interpreti vedono nella lirica del Duecento  l’espressione della  “FENOMENOLOGIA dell’amore”. Cosa pensi che intendano? Come si caratterizza?  Con quali temi?  in quali forme metriche? Come si evolve nel tempo?

2) Quale ruolo sociale e politico occupa Guido Guinizzelli?  Perché la poesia guinizzelliana è un passaggio importante, tra la Sicilia e la Toscana?

3) Significato effettivo (riferito all’epoca) dei vocaboli: gentile, salute, umiltà, pare

4) Chi pronuncia il verso “ch’altro non n’è rimaso che sospiri.”? Puoi inseguire il tema dei SOSPIRI in tutti i  testi letti di questo poeta?

5) Attribuisci e analizza (autore, metrica, tema, figure notevoli)
 …….
Non fu sì alta già la mente nostra
  e non si pose 'n noi tanta salute,
  che propiamente n'aviàn conoscenza.