mercoledì 13 gennaio 2021

Francesco Petrarca


DUE FILMATI DI RAISCUOLA : 


Introduzione alla vita e alle opere di Francesco Petrarca, 
a cura di Andrea Cortellessa. (da oilproject)

Francesco Petrarca nasce ad Arezzo nel 1304. Il padre, notaio fiorentino, si trovava in esilio ad Arezzo, e faceva parte della fazione dei guelfi bianchi, come Dante Alighieri. La famiglia di Petrarca segue poi il papa ad Avignone, dove era stata trasferita nel 1309 la sede pontificia. Nel 1318 muore la madre del poeta, ciò spinge il poeta a comporre il suo primo componimento, un'elegia in latino. La corte avignonese si presenta come un ambiente cosmopolita e moderna, che forma il giovane Francesco e il fratello Gherardo.
Nel 1327, come data Petrarca stesso, avviene l'incontro con Laura, l'evento più importante della sua vita. La donna probabilmente è Laura de Noves, donna sposata con l'aristocratico Ugo de Sade. Nel 1330 Petrarca assume lo stato di chierico, dandosi alla carriera ecclesiastica. Negli anni '30 del XIV secolo il poeta affronta diversi viaggi, in particolareParigi e Roma, città importante per l'elaborazione del mito della classicità da parte di Petrarca. Nel 1337 nasce il figlio Giovanni e decide di comprare una casa in Valchiusa in Provenza, che diventerà l'epicentro del suo mondo poetico. Nel 1341 la sua crescente fama di letterato e umanista lo porta a un gesto innovativo per l'epoca: si sottopone a uncertame poetico, che gli viene fatto dal re di Napoli, Roberto D'Angiò, che vaglia la sua preparazione umanistica e poetica e lo incorona con l'alloro sul Campidoglio.
Tra il 1347 e il 1353 compone un'opera in prosa in latino, il Secretum. Si tratta di un dialogo immaginario tra il poeta e Sant'Agostino, in cui vengono affrontate questioni personali e intime del poeta, una sorta di autoesame di coscienza, di "inchiesta psicologica su se stessi".
Continua i suoi studi di carattere filologico e i suoi viaggi per monasteri e biblioteche alla ricerca di manoscritti rari di autori classici (sua è la scoperta di alcune epistole di Cicerone e sua è la prima raccolta di 4 decadi delle Storie di Livio). Il suo metodo di ricerca, il suo studio degli autori antichi e la sua passione per la classicità rendono Petrarca un precursore dell'Umanesimo.
Dal punto di vista politico Petrarca è un uomo che resta all'ombra del potere per tutta la vita. Svolge il suo ruolo all'interno della corte pontificia. Solo nel 1347 per un breve periodo Petrarca sembra appoggiare l'occupazione di Roma da parte di Cola di Rienzo, un tribuno del popolo, che cerca di costruire una nuova forma governativa, un tentativo destinato presto a fallire. Nel 1348 in Europa scoppia la peste nera. Durante la peste, tra i conoscenti di Petrarca, muore anche Laura, la donna amata del poeta. Negli anni successivi alla pesta Petrarca entra in contatto con nuovi ambienti intellettuali e culturali, a Firenze conosceBoccaccio. L'ambiente della corte pontificia appare al poeta sempre più soffocante e nel 1353 si stabilisce in Italia, a Milano alla corte dei Visconti, da cui si allontana nel 1361. Ricomincia un nuovo periodo di peregrinazioni in Veneto e Petrarca si stabilisce nel 1368 aPadova,
Nel 1374 Petrarca muore per un attacco di febbre, mentre sta completando l'opera in volgare a cui ha dedicato la vita intera, il Canzoniere.

Andrea Cortellessa è un critico letterario italiano, storico della letteratura e professore associato all'Università Roma Tre, dove insegna Letteratura Italiana Contemporanea e Letterature Comparate.
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IL CANZONIERE - Le informazioni essenziali
Il Canzoniere non è il titolo originario, ma venne attribuito solo nei primi decenni del Cinquecento, l’autore infatti consegnò l’opera alla storia come Rerum Vulgarium Fragmenta. La critica petrarchesca più recente ha sapientemente risollevato il problema della sua struttura unitaria, infatti nonostante sia composta di “frammenti” in diversi metri -317 sonetti, 29 canzoni, 9 sestine,7 ballate, 4 madrigali (336 componimenti totali)- questi si presentano unitariamente, ordinati secondo uno schema sensato e ragionato, negando quella dispersione a cui il titolo originale, per volere dell’autore, allude. Questa necessità di riordino e di comporre in unità non si esaurì solo per il Canzoniere, ma riguardò tutti i componimenti in latino  e in volgare sino a quel momento prodotti da Petrarca, infatti egli stesso testimonia nel Secretum (III 18 5): Adero michi ipse quantum potero, et sparsa anime fragmenta recolligam (“per quanto potrò sarò presente a me stesso e raccoglierò gli sparsi frammenti dell’anima mia”.
Il libro petrarchesco si apre con cinque sonetti che svolgono consapevolmente la funzione di proemio e di principio della narrazione: il primo, il proemio vero e proprio, è rivolto ai lettori e riassume il significato d’un esperienza amara oltre che erronea e vana. Gli altri quattro sonetti svolgono il tema dell’innamoramento indicando il come, il quando e precisando luogo di nascita e nome dell’amata.
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LA LETTERA AI POSTERI 


Al POSTERI SALUTE.

Avrai forse inteso dire alcuna cosa di me; avvegnachè è da dubitare che un nome, quale è il mio piccolo ed oscuro, sia mai per giungere a lontani luoghi ed a tempi avvenire. E chi sa, se allora non ti prendesse vaghezza di conoscere qual uomo io mi sia stato, o come fossero accolte le opere mie; quelle principalmente di cui t'avrà parlato la fama, ovvero delle altre che di minor conto, appena ti saranno conosciute dal titolo (...) Natura mi diede indole non malvagia o invereconda; se le contagiose abitudini non l'avessero guasta. L'adolescenza ingannommi, la gioventù seco mi trascinò, mi fece più savio la vecchiaia, quando, maestra la esperienza, conobbi la verità di quel detto, che già altre volte avea letto; «non altro che vanità essere gli anni fioriti e il piacere». (...)  Assai destra, avvegnachè non robusta ebbi da giovane la persona, nè di singolar bellezza il sembiante; tale però che negli anni più verdi apparisse piacente; fresco il colorito tra il bianco e il bruno; vivaci gli occhi e la vista lungo tempo acutissima, se non che sul sessantesimo anno mi venne mancando; onde bisognommi non senza repugnanza ricorrere alle lenti. In ben disposte membra, che furono sempre sanissime, mi trovò la vecchiaia, dalla quale con la solita schiera di malattie fui tolto in mezzo. Di buon lignaggio i genitori, e d’origine fiorentina; mediocri le fortune, e a dir vero volgenti al basso, allorchè furono scacciati dalla patria. ]Ond'io nacqui in Arezzo nell’esiglio, all’aurora del lunedì primo agosto 1304. Spregiai altamente le ricchezze, non perchè non le curassi, ma perchè mi veniano a fastidio le fatiche e le brighe che ne sono inseparabili compagne; nè meno mi diedi cura di tesoreggiare, onde aver modo ad imbandire splendide mense, dappoichè contento ad un sobrio vitto ed a cibi comuni, vissi assai meglio che non i successori d’Apicio, con tutta la squisitezza di loro vivande. Quelli che si chiamano conviti, e non altro sono che stravizzi, contrarii alla temperanza e al buon costume, ognora mi spiacquero; e stimai cosa non meno increscevole che vana, sia l’invitare altri, sia l'esserne invitato; frattantochè il sedere a mensa cogli amici mi cagionava tanta dolcezza, che nulla mi avessi di più caro; ma solo, di mia volontà non avrei preso mai cibo. Al lusso poi non tanto fui avverso perchè sia mala cosa e nemica dell’umiltà, ma sì ancora per le malagevolezze che incontrano nel seguitarlo, e l'interrompimento della quiete che apporta. Potentissimo fu l'amore ond’ebbi travaglio nella giovinezza, però unico ed onesto; più lunga guerra mi avrebbe dato, ove una morte dolorosa sì ma utile non avesse estinto il fuoco che già rattiepidiva. Ed oh, foss'io stato libero d’ogni cupidigia di sensi! ma mentirei, se il dicessi.  (...)  Ma ciò a cui mi diedi principalmente si fu lo studio delle antiche cose, perchè la presente età sempre m'increbbe; e se non fosse l'amore dei miei, io vorrei esser nato in qualsiasi altro tempo da questo infuori; ond’è che adoperandomi a dimenticare i viventi, a nulla più intesi che a vivere co' passati. Pertanto mi piacqui negli scrittori di storia.
  Rivedute l’antiche mie sedi, cercando un luogo a che ripararmi come a porto una valle solitaria ed amena, che chiamano ]Chiusa, quindici miglia da Avignone, donde scaturisce il Sorga re di totte le fonti. Innamorato della dolcezza del sito, mi vi recai in compagnia de’ miei libri. Lungo sarebbe il raccontare di tuttociò che vi feci nel corso di molti anni; ricorderò solamente che ivi o scrissi, o posi mano, o immaginai quante opere mi uscirono della penna; le quali tante furono, che io ne sono insino al giorno d’oggi stanco, anzi rifinito. 
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PETRARCA E I LUOGHI  

1) FONTAINE - DE - VAUCLUSE 

Fontaine-de-Vaucluse è un comune francese di 610 abitanti, situato nel dipartimento della Vaucluse, che è un dipartimento francese della regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra (Provence-Alpes-Côte d'Azur). Il territorio del dipartimento confina con i dipartimenti della Drome, delle Alpi dell'alta Provenza a est, dal Varo e delle Bocche del Rodano a sud, del Gard e dell'Ardèche a ovest. La pianura del Comtat, che si adagia in una zona molto fertile fra due corsi d'acqua, è il punto più popoloso del dipartimento ed è anche uno dei centri della creazione della cultura francese.
La principale città è il capoluogo, Avignone, ma anche questo villaggio è molto noto. Una volta si chiamava semplicemente Vaucluse: la valle chiusa (Vallis Clausa in latino). Vaucluse è poi divenuto il nome del dipartimento, quando questo fu istituito nel 1793 durante la Rivoluzione Francese. 
Avignone e il Contado Venassino furono inclusi nella Francia il 14 settembre 1791.

Il 28 marzo 1792, questi territori costituirono due nuovi distretti (di Avignone e di Carpentras): il 12 agosto 1793 il dipartimento del Vaucluse fu creato aggiungendo ai due nuovi distretti quelli delle Alpi e di Orange, che prima appartenevano al dipartimento delle Bocche del Rodano.

Nel 1800 il distretto di Suze-la-Rousse fu staccato dal dipartimento della Valchiusa per essere annesso al dipartimento della Drôme.

Petrarca racconta di avere visitato Fontaine-De-Vaucluse per la prima volta da bambino, durante una gita compiuta insieme con un amico coetaneo, e di aver maturato fin da allora il desiderio di abitarvi, come confermerà poi nei Rerum Senilium Libri , una raccolta di lettere dedicate a un suo amico da lui chiamato Socrate, riuscendo effettivamente ad acquistarvi una casa nel 1337 e a trasferirsi con tutta la sua collezione di libri.
A lungo Valchiusa fu per Petrarca il luogo preferito e più amato, perché la città incarna la libertà e la possibilità di svago intellettuale, ed ha stimolato in Petrarca la creatività che l’ha portato alla realizzazione di molte delle sue opere: "se si confrontasse ció che ho scritto altrove con ció che ho scritto lì, a mio giudizio quel luogo supererebbe fino ad oggi tutti gli altri" (Familiares VIII tre). La vita condotta da Petrarca a Valchiusa nei suoi numerosi soggiorni provenzali ci viene  presentata come tranquilla e all'insegna dell'amicizia, del benessere, dello studio, priva di ambizioni mondane.
Petrarca dedica spesso a Valchiusa molte delle sue composizioni, tra cui un disegno stilizzato con la didascalia "Il mio dolcissimo eremo transalpino" e un epigramma composto per Philippe de Cabassoles, suo amico e vescovo di Valchiusa, ma soprattutto dedica a questo luogo alcune parole nelle sue Familiares:
"Nessun luogo sulla terra mi è più gradito di Valchiusa o più adatto ai miei studi.
A Valchiusa fui da bambino e, tornatovi da giovane, essa mi accolse amena nel suo caldo grembo. Da uomo ho trascorso dolcemente a Valchiusa gli anni migliori e i candidi fili della mia vita. Da vecchio desidero passare a Valchiusa gli ultimi giorni e sotto la tua guida a Valchiusa voglio morire."
La casa fu ricordata ancora nel testamento di Petrarca, dove egli dispose che diventasse un ospizio per i poveri oppure, in caso d’impossibilità, che andasse agli eredi del defunto custode Raymond Monet.
Possiamo ritrovare la città anche in alcuni altri testi di Francesco Petrarca, tra cui "Chiare, fresche e dolci acque", la canzone numero CXXVI (126) del Canzoniere:
Chiare, fresche et dolci acque,
ove le belle membra
pose colei che sola a me par donna;
gentil ramo ove piacque
(con sospir' mi rimembra)
a lei di fare al bel fiancho colonna;
herba et fior' che la gonna
leggiadra ricoverse
co l'angelico seno;
aere sacro, sereno,
ove Amor co' begli occhi il cor m'aperse:
date udïenza insieme
a le dolenti mie parole extreme.

                                                                                     (CXXVI, vv.1-13)
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Nella più celebre delle sue lettere, scritta nel 1352, P, racconta 

Si tratta di un vero monologo interiore, originato dalla scelta del fratello Gherardo di farsi monaco. Petrarca si interroga sul significato della sua esperienza, ascendendo sul Monte Ventoso. É stato definito il primo testo paesaggistico. E proprio il paesaggio in questo testo assume un significato simbolico e metaforico. Nel punto di massima tensione, Petrarca apre uno dei libri che si è portato dietro. Si tratta delle "Confessioni" di Sant'Agostino e in quest'occasione il poeta afferma la superiorità dei luoghi interiori sui luoghi della natura. (Andrea Cortellessa)

Conferenza sul senso della vita come viaggio in Petrarca: 

(dopo la lettura dell'Ascesa a Monte Ventoso, è efficace fare un esercizio di riscrittura descrivendo una propria "ascesa" - mantenendo una serie di punti toccati da Petrarca, ad es la forma della lettera, il compagno, la stanchezza, l'incontro con un estraneo, il libro, ecc)

2) Bologna nelle opere di Petrarca


Dal Trattato “Della propria e altrui ignoranza”
 Ed io, (che con te lice darmene il vanto) letterato vero non mai, ma come tale avuto talvolta, abbandonata da fanciullo la casa mia, e non ritornatovi nemmen da vecchio, tutta quasi la vita consumai negli studii: nè per avventura lasciai che trascorresse alcun giorno senza leggere o scrivere o meditare ed ascoltare e far ricerche intorno a cose letterarie: nè solo ad uomini sapienti, ma alle più dotte città m'indirizzai per riportarne lucro di bontà e di scienza. A Mompellieri dapprima, perchè negli anni della mia fanciullezza mi vi trovai più vicino: poscia a Bologna, quindi a Tolosa, a Parigi, a Padova ed a Napoli ove (e so bene che molti m'odon con stizza) fiorivano allora i buoni studii.."

Dall '  "Epistola  ai posteri":
"E per altri quattro anni dimorai in Mompellieri, a studiarvi la legge; quindi in Bologna, nella quale indugiatomi un triennio, appresi tutto il corpo del gius civile, dando di me, come dissero, giovane ancora, grande speranza, se avessi durato nell’intrapreso cammino. Ma io, tosto che fui signor di me stesso, volsi le spalle alle leggi: nè già perchè mi spiacesse la loro autorità, che fuor di dubbio è grande e piena di romana antichità, che tanto ammiro; ma sì perchè gli uomini iniquamente ne abusano. Onde m’increbbe addottrinarmi in ciò di cui mal voleva inonestamente valermi; e secondo coscienza mi pareva impossibile il farlo, perchè allora si sarebbe ascritta a dabbenaggine la mia purezza. Contava l'anno ventiduesimo quando me ne tornai in patria; tal chiamo Avignone, ove io avea dai primi anni menata mia vita, essendo vero che la consuetudine acquista forza di natura"

Quando e perché Petrarca è venuto a studiare a Bologna?
Nel 1320 Petrarca viene inviato dal padre, insieme al fratello Gherardo, a Bologna per studiare diritto civile (legge). Bologna era considerata il maggior centro di studi giuridici d'Europa. Questa città rappresenterà un importante soggiorno per Petrarca, non solo perché approfondisce gli studi giuridici, di cui lo interessava l'aspetto teorico che ricollegava agli ordinamenti della civiltà romana, ma soprattutto perché era venuto a contatto con giovani, eredi di Guido Guinizzelli, che non scrivevano versi in latino ma nella lingua che parlavano quotidianamente. Francesco venne per la prima volta a contatto con la tradizione poetica italiana.
Petrarca, a legge, stringe un'amicizia fraterna che durerà per tutta la vita con Giacomo Colonna, fratello del cardinale Giovanni, il quale spingerà Petrarca ad affinare la sua cultura umanistica, piuttosto che approfondire gli studi giuridici. La famiglia Colonna era una delle due famiglie cardine a Roma e rappresentava il partito italiano nella curia avignonese. Queste amicizie saranno importanti per la vita di Petrarca perché alcune scelte culturali che condurrà sarebbero dovute a questa presenza nella curia avignonese. Dopo aver conseguito con successo il corso di diritto Petrarca poteva diventare funzionario di curia, un mediatore politico-amministrativo nella curia romana, ma nel frattempo il padre era morto lasciando un'eredità piuttosto cospicua e quando Petrarca torna ad Avignone non inizia il mestiere per cui aveva studiato. Francesco Petrarca studiò a Bologna tra il 1320 e il 1326.

Senili, libro X, lettera II
"Entrato già nell' adolescenza, e fatto più ardito che prima non fossi, ai miei coetanei mi accompagnava, e con essi nei dì festivi camminando a diporto tanto mi dilungava dalla città che spesso vi si tornava a notte profonda. Pure le porte si trovavano spalancate, e se per caso talvolta erano chiuse, non ne veniva fastidio alcuno, perchè non mura, ma fragile steccato per vecchiezza già mezzo disfatto cingeva la sicura città, cui d' uopo non era in tanta pace di muro alcuno o di più forte recinto. E così non uno, ma molti eran gli accessi, e, senza ostacoli, senza sospetto, per quella parte che più piacevagli ciascuno entrava. Alle mura, alle torri, alle bastie, agli armati custodi, alle scolte notturne furono prima cagione le tirannidi de' cittadini, poi le insidie e gl' insulti degli esterni nemici. 

Vie e monumenti di Bologna dedicati a Francesco Petrarca
Bologna dedica una via al sommo poeta: Via Francesco Petrarca (vicino a Viale Antonio Aldini).
L’Università di Bologna aprì gli spazi del Convento di Santa Cristina ad una grande ed importante mostra dedicata alla figura di Francesco Petrarca, a cura del Dipartimento di Italianistica e del Comitato Nazionale del VII Centenario della nascita di Francesco Petrarca (2004), con il sostegno della Fondazione del Monte e sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica.

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   PETRARCA E IL SOGNO DELL'UMANESIMO

                    (testi della lezione del prof Alessandro Roffi)         


Rapporto coi libri. Epistule I 6, 178-200:

Questi uomini rozzi ... non comprendono né la mia felicità né quel piacere che mi danno altri amici segreti, che da tutte le parti del mondo ogni età mi invia, amici illustri ... amici non difficili, che si contentano di un angolo della mia modesta casa, che nessuna mia domanda rifiutano, che premurosi mi assistono e non mi danno mai fastidio ... Ora questi, ora quelli io interrogo, ed essi mi rispondono, e per me cantano e parlano; e chi mi svela i segreti della natura, chi mi dà ottimi consigli per la vita e per la morte, chi narra le sue e le altrui chiare imprese, richiamandomi alla mente le antiche età.

Sunt qui festivis pellant fastidia verbis,
quique iocis risum revehant, sunt omnia ferre
qui doceant, optare nichil, cognoscere se se;
sunt pacis, sunt militie, sunt arva colendi
artifices strepitusque fori pelagique viarum;
deiectum adversis relevant tumidumque secundis
compescunt rerumque iubent advertere finem,
veloces meminisse dies vitamque fugacem.

E v’è chi con festose parole allontana da me la tristezza e scherzando riconduce il riso sulle mie labbra; altri m’insegnano a sopportar tutto, a non desiderare nulla, a conoscere me stesso, maestri di pace, di guerra, d’agricoltura, d’eloquenza, di navigazione; essi mi sollevano quando sono abbattuto dalla sventura, mi frenano quando insuperbisco nella felicità, e mi ricordano che tutto ha un fine, che i giorni corron veloci e che la vita fugge.

La lettura. Familiare XXII 2, 11-14:

Legi apud Virgilium apud Flaccum apud Severinum apud Tullium; nec semel legi sed milies, nec cucurri sed incubui, et totis ingenii nisibus immoratus sum; mane comedi quod sero digererem, hausi puer quod senior ruminarem. Hec se michi tam familiariter ingessere […] ut etsi per omnem vitam amplius non legantur, ipsa quidem hereant, actis in intima animi parte radicibus, sed interdum obliviscar auctorem, quippe qui longo usu et possessione continua quasi illa prescripserim diuque pro meis habuerim, et turba talium obsessus, nec cuius sint certe nec aliena meminerim.

Ho letto Virgilo, Orazio, Boezio, Cicerone, non una volta ma mille, né li ho scorsi, ma meditati e studiati con gran cura; li divorai la mattina per digerirli la sera, li inghiottii da giovane per ruminarli da vecchio. Ed essi entrarono in me con tanta familiarità [...] che se anche in avvenire più non li leggessi, resterebbero in me, avendo gettato le radici nella parte più intima dell'anima mia, ma talvolta io dimentico l'autore, poiché per il lungo uso e il continuo possesso quasi per prescrizione essi sono divenuti come miei, e da così gran turba circondato io non ricordo più di chi sono e se sono miei o d'altri.

Riportare in vita gli antichi. De vita solitaria I 6:

legere quod scripserunt primi, scribere quod legant ultimi, et beneficii literarum a maioribus accepti, qua in illos non possumus, in posteros saltem gratum ac memorem animum habere, in eos quoque qua possumus non ingratum, sed nomina illorum vel ignota vulgare, vel obsolefacta renovare, vel senio obruta eruere et ad pronepotum populos veneranda transmittere; illos sub pectore, illos ut dulce aliquid in ore gestare, denique modis omnibus amando, memorando, celebrando...

[Tra i frutti della vita solitaria] leggere ciò che scrissero gli antichi, scrivere ciò che leggeranno i posteri, a questi almeno - se a quelli non possiamo - mostrare la gratitudine dell’animo nostro per il dono delle lettere ricevuto dagli antichi; e verso gli antichi stessi non essere ingrati nei limiti che ci sono consentiti, ma render noti i loro nomi se sconosciuti, farli ritornare in onore se caduti in dimenticanza, trarli fuori dalle macerie del tempo, tramandarli alle generazioni dei pronipoti come degni di rispetto, averli nel cuore, averli sulle labbra come una dolce cosa; in tutti i modi insomma, amandoli, ricordandoli, esaltandoli...

La lotta interiore Familiare II 9, 17 :

Voluntates mee fluctuant et desideria discordant et discordando me lacerant. Sic adversus interiorem hominem exterior pugnat...

La mia volontà ondeggia, e i desideri cozzano, e cozzando mi dilaniano. Così la parte esterna di una lotta con l’interna...

De remediis utriusque fortune (Rimedi all’una e all’altra fortuna) pref. II 33:

Ad summam ergo, omnia, sed in primis omnis hominum vita, lis quedam est. Verum ... lis interior quanta est? Neque enim solum contra aliam, sed contra suam, ut dixi, speciem, neque contra aliud individuum, sed contra semetipsum ... In intimis anime penetralibus: quisque secum assidue bellum habet ... Animus quam diversis quanque adversis secum pugnet affectibus, unusquisque non alium quam sese interroget, sibique respondeat, quam vario quanque reciproco mentis impulsu, modo huc rapitur, modo illuc, nusquam totus, nusquam unus, secum ipse dissentiens, se discerpens.

In breve, dunque, tutte le cose, ma principalmente tutta la vita degli uomini è una specie di lotta. Ma ... quanto grande è la lotta interiore? Essa infatti non si svolge solo contro un’altra specie, come ho detto, ma contro la propria, né contro un altro individuo, ma contro il soggetto stesso ... Negli intimi recessi dell’animo ciascuno combatte questa guerra assiduamente con se stesso ... Ma tra quanto diversi e contrastanti sentimenti il nostro animo combatta con se stesso, ciascuno non lo chieda a nessun altro che a sé e si risponda per quale vario e alterno stimolo della mente è sbattuto ora qui ora là: mai intero, mai uno, sempre in discordia con se stesso, intento a dilaniarsi.                    

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  BIBLIOFILIA


Il manoscritto delle opere di Virgilio donato a Petrarca dal padre, con le note di Petrarca stesso.

http://www.foliamagazine.it/il-virgilio-di-francesco-petrarca/



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L'emblema del viaggio nell'opera di Petrarca: NAUFRAGIO CON SPETTATORE A BORDO  

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ANALISI ESEMPLARE DI UN SONETTO


Walter Siti “La Repubblica“, 5 gennaio 2014,  

Rerum vulgarium fragmenta, Sonetto 272
                                                  


La vita fugge e non s’arresta un’ora,
e la morte vien dietro a gran giornate,
e le cose presenti e le passate
mi danno guerra, e le future ancora;

e il rimembrare e l’aspettar m’accora,
or quinci or quindi, sì che in veritate,
se non ch’io ho di me stesso pietate,
io sarei già di questi pensier fòra.

Tornami avanti, s’alcun dolce mai
ebbe il cor tristo; e poi da l’altra parte
veggio al mio navigar turbati i venti;

veggio fortuna in porto, e stanco omai
il mio nocchiero, e rotte àrbore e sarte,
e i lumi bei, che mirar soglio, spenti.


Non è un sonetto perfetto e questo commuove in un poeta che è stato modello di perfezione per alcuni secoli. “In veritate" è superfluo, è quello che in un poeta mediocre si chiamerebbe una zeppa. “ Or quinci or quindi”, “e poi da l'altra parte” sono precisazioni pesanti; nei primi cinque versi si ripete per sette volte la congiunzione “e”, il ritmo si trascina; tutùm tutùm, le due quartine replicano monotone una cantilena binaria. Quando si sta troppo male anche la forma passa in secondo piano e non si bada alle contraddizioni.
Si parte da un luogo comune della letteratura classica, il lamento sulla brevità della vita, per trasformarlo dopo due versi in un amaro bilancio personale. L'immagine è militaresca: la morte insegue la vita come un esercito che si affretti a marce forzate per incalzare il nemico che fugge; in mezzo c'è l'io, desolato campo di battaglia, offeso in ogni direzione, dal passato come dal futuro per non parlare del presente. Niente gli sorride, nei il ricordo né la speranza, anzi tutto gli dà dolore tanto che medita il suicidio. «lo mi sarei già tirato fuori da questi cupi pensieri, se non fosse che ho pietà di me stesso». I suicidi secondo i cattolici vanno all'inferno e Petrarca ci credeva, dunque vuole risparmiare a se stesso quella fine - mia se uno sta così male che vuole suicidarsi, perché si lamenta della brevità della vita?
La depressione non è un'esclusiva dell'uomo contemporaneo: anche gli antichi conoscevano quel velo nero che scende improvvisamente sull‘anima e ci fa odiare il mondo e vedere di ogni cosa il lato peggiore - e odiare il nostro stesso odio e contemporaneamente crogiolarci in esso come se la mancanza di volontà fosse diventata il nostro centro d'equilibrio. Solo che non la chiamavano depressione e non la cura vano con gli psicofarmaci: la definivano accidia ed era uno dei sette peccati capitali. Qui Petrarca ha pietà di sé stesso anche nel senso che si compiange, come è tipico dei depressi; e come fanno i de pressi, invece di ovviare alla contraddizione ribadisce il già detto con puntigliosa insistenza: «mi tornano in mente le eventuali gioie che il mio povero cuore ha potuto godere nel passato, e vedo che tutto è contrario alla mia navigazione futura» - altro stereotipo letterario, l'io come nave e il mondo come tempesta.
Quando un po‘ d'anni prima ha immaginato di dialogare con sant'Agostino, Petrarca dichiarava di voler spezzare il laccio del desiderio per rifugiarsi in un porto di salvezza: ma ora la tempesta (il “fortunale") è entrata fin dentro al porto, non ci si salva più; e la ragione (il nocchiere) è stanca di lottare, la forza di volontà (l'albero maestro) è spezzata, la voglia di relazioni (le sàrtie, i cordami) è logora. Nel sonetto che precede immediatamente questo, il 271, e anche nella canzone 270; Petrarca ci ha parlato della tentazione di un flirt per una donna diversa da Laura; rivolgendosi ad Amore gli ha detto francamente «sono troppo vecchio ormai, se vuoi prendermi al laccio un’altra volta dovresti resuscitare Laura». Il ciceroniano chiodo-scaccia chiodo non lo convince: a cinquant'anni allora si era vecchi, il nuovo amore non sarebbe che un surrogato. Per un gioco fatale del caso anche questa seconda donna è poi morta. Qui, nell'ultimo verso del nostro sonetto, gli “occhi belli” sono certamente quelli di Laura, essi soltanto erano come stelle che potevano illuminare il cammino e adesso sono spenti. “Soglio” per la lingua trecentesca può funzionare da imperfetto, equivale a “solevo”; ma funziona anche, eccome, da presente: “gli occhi che ero solito guardare e che continuo a guardare nonostante tutto”. E che magari ogni tanto cerco nei surrogati. Ecco il nodo, l'io non smette di desiderare nonostante l'età, il desiderio si configura come un'ossessione senza uscita. 
Sant'Agostino gliel’aveva pur detto, che gli occhi di Laura l'avevano rovinato deviandolo dal Creatore alla creatura e spingendolo in un “bellissimo baratro” - se è così, perché continuare a evocarli e a rimpiangerli ? L'ossessione se ne frega delle contraddizioni morali come di quelle logiche, e desiderare di non desiderare è pur sempre un desiderio. Sant'Agostino alla fine del dialogo aveva allargato le braccia, sconfortato. 

Dante no, lui incontrando Beatrice in Purgatorio al desiderio ci ha dato un taglio veramente, gli occhi che vede ormai sono “occhi santi”, illuminati da un’altra bellezza non più umana. Si è pentito, convertito, ha bevuto l'acqua che fa dimenticare. Altro clima culturale e altra tempra: anche l'accidia per Dante è rabbia, mordersi e farsi a pezzi, medievale spettacolo comico e grottesco. Petrarca invece è l'inventore della lirica moderna, quella che afferma e nega allo stesso tempo cullandosi nel circolo vizioso dei propri paradossi. Il ritmo accelera nelle terzine, si spezza, accumula metafore fino a un ultimo singulto finale, “ spenti”, che è quasi un orgasmo. Un’estrema disperazione è ancheun possesso. La bellezza sconfigge la verità: il perfetto corpo femminile che lo ha ossessionato per tutta la vita non è nemmeno nominato, eppure c'è quello all'origine della depressione – altro che gli occhi della Vergine alla fine del Canzoniere: di Laura non si fa il nome ma la lirica fa guadagnare l'allora poetico, cioè il lauro. La lirica moderna prende il posto della religione e del sesso, abituandoci a ingannare noi stessi con una parola che è canto. 
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FOGLIO DI LAVORO SU PETRARCA

 1) Biografia essenziale centrata su:

 + i suoi luoghi di residenza e precisamente toscana, francia, veneto con un passaggio da bologna (quando, con chi, perché)

+ il tipo di attività da cui trae sostentamento (non la scrittura)

+ collegamento con fatti storici quali la “cattività” avignonese e la peste

2)Le opere scritte in generale, ma in particolare il Canzoniere e le lettere da cui “Monte Ventoso”

3)La sua bibliofilia e il possesso e l’uso di alcuni preziosissimi manoscritti che sono stati conservati

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Il CANZONIERE: 

  • sua organizzazione come un “romanzo”, con sonetto introduttivo, divisione per periodi; 
  • numero dei componimenti, tempi di scrittura, significato dell’opera per Petrarca e poi per il mondo letterario successivo.
  • Il concetto di modello petrarchesco. L’uso della lingua volgare filtrata in vocaboli “molto petrarcheschi”.
  • Il tema del “sé”: l’io lirico del poeta si mette a nudo nelle sue emozioni.
  •      La figura di Laura nel suo valore sia reale che simbolico.
  •      Il paesaggio come nuovo grande  canone di rappresentazione dei sentimenti.
  •      Il tema del tempo

 

La MALINCONIA o accidia: Petrarca “moderno” perché uomo tormentato, come emerge dai sonetti e dalla lettera a Monte Ventoso

FORTUNA di Petrarca in Europa: la diffusione con l’ invenzione della stampa dei “petrarchini”…. (cosa sono?)


I sonetti letti  in classe: analisi approfondita e intreccio di temi tra loro.

LA VERIFICA SARA’ UN’ANALISI DI UN SONETTO NON LETTO CON DOMANDE DI COMPRENSIONE E ANALISI E DOMANDE CHE ALLARGANO AI TEMI TRATTATI IN CLASSE. TEMPO DUE ORE. 

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PERCORSO SVOLTO SU PETRARCA IN UN TERZO ANNO DI LICEO:


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Petrarca in montagna, filosofo postmoderno   di Mauro Bonazzi, Corriere della sera. 

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SCHEDA RIASSUNTIVA 

FRANCESCO PETRARCA (Arezzo 1304 – Arquà 1374)

Chi è Francesco Petrarca?

Francesco Petrarca è:

  1. un autore umanista
  2. un ecclesiastico (= lavora nella Chiesa per avere uno stipendio sicuro)
  3. un poeta europeo, perché viaggia molto in Italia e in Europa

Che cos’è l’Umanesimo?

Alla fine del XIV secolo (= 1300) e all’inizio del XV secolo (= 1400) in Italia inizia un periodo nuovo per la cultura: l’Umanesimo. Gli Umanisti studiano i libri antichi, scritti da autori greci e romani, prima del Medioevo. Gli Umanisti cercano nei libri le idee degli autori antichi. Gli Umanisti non leggono più le traduzioni dei libri antichi che ha fatto la Chiesa durante il Medioevo, perché a volte la Chiesa ha cambiato un po’ i libri. Gli Umanisti pensano che l’uomo e la vita dell’uomo sulla terra siano importanti.

Che cosa scrive Francesco Petrarca?

Francesco Petrarca scrive:

  1. molte opere in latino
  2. un’opera in volgare (= la lingua italiana che parlavano le persone al tempo di Petrarca). Questa opera è il Canzoniere. Il Canzoniere è l’opera più importante di Francesco Petrarca

Quali sono le idee di Francesco Petrarca?

Francesco Petrarca pensa che:

  1. la cultura deve essere d’élite (= solo per poche persone). Per questo motivo Petrarca scrive molte opere in latino
  2. l’uomo vive una guerra interiore (= dentro di lui) tra due pensieri: il pensiero cristiano-medievale si scontra con il pensiero laico-moderno. Secondo il pensiero cristiano-medievale la vita dell’uomo sulla terra non è importante, perché è importante solo la vita dopo la morte (questo è il pensiero di Dante nella Divina Commedia). Secondo il pensiero laico-moderno l’uomo ha paura della morte, perché non è sicuro di quello che c’è dopo la morte. Per questo l’uomo cerca di essere felice sulla terra, con l’amore per le altre persone e le cose belle.

 

IL CANZONIERE DI FRANCESCO PETRARCA

Che cosa c’è prima del Canzoniere di Francesco Petrarca?

1.      I canzonieri: sono raccolte di poesie di molti autori

2.      La Vita Nuova: questa autobiografia di Dante (= libro in cui Dante parla della sua vita) è un prosimetro, cioè un testo fatto in parte in prosa (= narrativa) e in parte in rima (= poesia). La Vita Nuova è un esempio importante per Francesco Petrarca, perché anche il Canzoniere ha elementi autobiografici, però il Canzoniere è una raccolta di poesie e non ha parti in prosa

Che cos’è il Canzoniere di Francesco Petrarca?

  1. Una raccolta di 366 poesie
  2. Un’opera rivoluzionaria (= nuova e speciale) perché:
    1. ha una struttura unitaria: quasi tutte le poesie parlano di un tema)
    2. Petrarca ha studiato molto bene l’architettura (= struttura) del Canzoniere

      3.  Il Canzoniere non è solo un insieme di tante poesie. Tutte le poesie
             formano un romanzo moderno. Questo romanzo ha una storia, un tempo,
             tanti temi e guarda soprattutto all’interiorità di Petrarca, cioè a quello che
             Petrarca pensa e sente nel suo cuore.

In quali anni Francesco Petrarca scrive il Canzoniere?

Francesco Petrarca scrive il Canzoniere tra il 1342 e il 1374. In questo lungo periodo (32 anni) Petrarca cerca di rendere il Canzoniere sempre più perfetto nel contenuto (= cosa scrive Petrarca) e soprattutto nella lingua e nello stile (= come scrive Petrarca)

Come è fatto il Canzoniere di Francesco Petrarca?

È diviso in due parti. Le poesie sono più o meno in ordine cronologico (= di tempo).

Le prime poesie sono un prologo (= introduzione) al Canzoniere.

Esempio: Voi ch’ascoltate…: spiega l’idea più importante di tutto il Canzoniere, cioè che quando Petrarca è giovane l’amore per Laura è molto forte, ma quando Petrarca è più vecchio si pente e si vergogna del suo amore.

PRIMA PARTE (“IN VITA DI LAURA”): va dal sonetto numero 1 al sonetto numero 263. In questo periodo Laura è viva. Petrarca incontra Laura il 6 aprile 1327, cioè il Venerdì Santo (= venerdì prima di Pasqua). Questo è un giorno triste per Petrarca, perché Laura porta Petrarca lontano da Dio. Questo giorno è triste anche per tutti gli altri uomini, perché Cristo muore.

SECONDA PARTE: (“IN MORTE DI LAURA”): va dal sonetto numero 264 al sonetto numero 366. Laura muore il 6 aprile 1348, cioè l’ultimo giorno di Quaresima (= periodo prima di Pasqua). Quando Laura muore finisce il periodo più difficile per Petrarca, perché Petrarca si libera dell’amore per Laura, che lo portava lontano da Dio. L’ultimo giorno di Quaresima finisce anche il periodo di penitenza (= periodo in cui non si possono fare tante cose) per tutti gli altri uomini

Nella prima parte e nella seconda parte i giorni più importanti per Petrarca sono giorni molto importanti anche per tutti gli altri uomini. Per questo la storia di Petrarca ha una dimensione universale (= vale per tutti gli uomini)

Quali sono i temi del Canzoniere?

1. La natura: Petrarca ama la natura e parla con la natura

2. PRIMA PARTE (“IN VITA DI LAURA”):

    - Petrarca racconta il suo amore per Laura

    - Petrarca loda Laura

    - Petrarca è triste perché Laura non lo ama

    - Petrarca a volte pensa che l’amore sia bello, ma a volte pensa che l’amore
       distrugga l’uomo

    - Petrarca parla di politica (solo in poche poesie)

3. SECONDA PARTE: (“IN MORTE DI LAURA”):

   - Petrarca è triste perché Laura è morta

   - Petrarca ricorda Laura in modo dolce. Adesso Laura non è più un pericolo per
      Petrarca

    - Petrarca si pente del suo amore per Laura e pensa che l’amore per Dio sia più
       importante

Chi è Petrarca nel Canzoniere?

Petrarca è:

  1. autore = scrive il Canzoniere
  2. protagonista = le poesie del Canzoniere parlano di Petrarca

Petrarca autore guarda la vita e l’amore per Laura di Petrarca protagonista e condanna questo amore, cioè dice che questo amore è stato un errore. L’amore per Laura ha portato Petrarca lontano dall’amore per Dio.

Chi è Laura nel Canzoniere?

Laura è:

  1. una donna bella, ma anche una donna cattiva
  2. la donna che Petrarca ama, ma anche la donna che rende triste Petrarca, perché lei non lo ama
  3. una nemica per Petrarca, perché lo porta lontano da Dio, ma anche una guida per Petrarca

Com’è la lingua del Canzoniere?

Petrarca lavora molto al Canzoniere per avere:

  1. una lingua moderna
  2. una lingua raffinata, cioè parole speciali e diverse dalle parole che usiamo tutti i giorni

Quali sono i metri  del Canzoniere?

Petrarca usa metri diversi nel Canzoniere. Scrive soprattutto sonetti e canzoni

Il successo del Canzoniere:

Il Canzoniere ha un grande successo perché la lingua e i temi di Petrarca sono un esempio per molti poeti europei successivi (= che vengono dopo Petrarca)