mercoledì 11 dicembre 2019

L'invenzione della scrittura - l'epopea di Gilgames'

La ziqqurat a URUK dove sono state ritrovate le tavolette di argilla




Dal poema epico sumero "Enmerkar e il Signore di Aratta" 


(Questa sintesi proviene da varie pagine on line: Wikipedia, Civiltà antiche e nuovi misteri, Le origini  della scrittura in Mesopotamia,  Homolaicus….)

La scrittura costituisce la prima grande rivoluzione tecnologica dell’umanità nell’ambito dei sistemi di comunicazione.
La caratteristica fondamentale della scrittura consiste nel fatto di trascrivere in uno spazio lineare il flusso delle parole che si succedono nel tempo. Questo processo nelle prime fasi è indipendente dalla realizzazione fonetica delle parole in una singola lingua (fase pittografico-ideografica), mentre in seguito costituisce una riproduzione del parlato (fase fonetica)
Ci sono delle condizioni che permettono la comparsa della scrittura. Le prime scritture hanno la caratteristica di nascere all’interno di società di agricoltori che si sono istallati sulle rive di un fiume o comunque su terreni fertili, il cui sfruttamento intensivo è collegato ad una divisione di compiti e ad una gerarchizzazione sociale, che si realizza in città-stato dominate da una teocrazia. La scrittura compare a partire da circa 5500 anni fa, in quattro continenti, nel corso di tre millenni: in Medio Oriente, in Egitto, in Cina e nell’America precolombiana, seguendo in genere le stesse tappe evolutive (cfr. Henri-Jean Martin, Storia e potere della scrittura, Roma-Bari, 1990).
Inizialmente, nella sua fase pittografica (prima, poi trasformatasi in stilizzazione ideografica) essa non trascrive il parlato, ma si pone come rappresentazione diretta dell’oggetto e/o del concetto. Così avviene alle origini in Medio Oriente, in Egitto, in Cina e nell’America precolombiana, più o meno contemporaneamente all’incirca nella seconda metà del IV millennio a.C. In seguito i sistemi di tipo pittografico-ideografico mediorientali ed egizi subiscono una evoluzione verso il fonetismo. Ma l’evoluzione decisiva verso le attuali forme di rappresentazione grafica si compie, nel XII e XI secolo, nell’area mediterranea delle città fenicie, dove si sviluppano i primi sistemi di scrittura alfabetica, in cui, con un margine tollerabile di approssimazione, ogni singolo suono del parlato viene rappresentato da un singolo segno, sganciato da qualunque significato iconico.

La scrittura in Mesopotamia

In Mesopotamia la scrittura compare tra il 3500 e il 3300 a.C. Le preoccupazioni fondamentali all’origine della scrittura nelle regioni del Medio Oriente sono le seguenti: (1) contare o misurare i beni posseduti; (2) rendere conto delle transazioni eseguite; (3) predire il futuro.
Le prime testimonianze che ci sono giunte di una forma di registrazione scritta solo in termini molto estesi possono essere definite forme di scrittura, infatti consistono in segni impressi su sigilli cilindrici destinati a convalidare contratti tra contraenti, in tacche e sbarre segnate su contenitori di argilla, che servivano a registrare determinate quantità di derrate.
Un nuovo stadio è testimoniato dalle tavolette d’argilla trovate intorno al luogo dove sorgeva il tempio della dea Inanna a Uruk, risalenti allo stesso periodo, che portano impressi dei pittogrammi destinati a fissare e memorizzare dei possedimenti o dei movimenti di beni
La scrittura sumerica è poi adottata dagli Accadi, popolo di origine semitica che diventano maggioranza nella regione medio-orientale e che perfezionano il sistema aggiungendo degli ideogrammi che non hanno alcun significato iconico.

Inoltre gli Accadi introducono (verso il 2850) quella particolare schematizzazione che è la scrittura cuneiforme, composta da segni impressi con uno stilo su una tavoletta d’argilla lievemente rotondeggiante, grande come il palmo di una mano. La tavoletta poi viene fatta seccare al sole o in un forno. Il sistema di scrittura cuneiforme si diffonde in tutto il Medio Oriente e rimane in vigore per circa 3000 anni, permettendo di trascrivere lingue diverse-

Come si diceva, l’invenzione della scrittura è stata una conseguenza dell'urbanizzazione. Non è un caso che i più antichi esempi di scrittura cuneiforme siano stati rinvenuti tra i resti della città sumera di Uruk e che risalgono al 3100 a.C. circa. Durante il IV millennio a.C. Uruk divenne una città, la prima della storia a potersi definire tale in virtù dell'elevata stratificazione sociale e della specializzazione del lavoro.
Inizialmente la scrittura era utilizzata per scopi amministrativi ma dopo un certo periodo lo sviluppo di questa arte fece in modo che si potessero scrivere tutte le informazioni desiderate.

Nell’immagine la Ziggurat di Uruk, luogo in cui furono trovate le più antiche tavolette  scritte in caratteri cuneiformi. Questi ritrovamenti risalgono al 3100 a.C., periodo che corrisponde anche a quello della prima urbanizzazione  della storia.
Prima di allora il sapere e l'identità culturale di un popolo venivano tramandati oralmente e all'interno di questo contesto la funzione formativa veniva svolta dal mito. Grazie all'invenzione della scrittura è stato possibile fermare un'informazione e trasferirla alle successive generazioni immutata, modificando per sempre il modo di tramandare il sapere. Con l'invenzione della scrittura ebbe inizio anche la storia.
Il tema centrale di un noto poema epico sumero è proprio l'invenzione della scrittura. Il protagonista del mito è Enmerkar, un mitico Re di Uruk (forse il nonno di GILGAMES’) nominato anche nella LISTA REALE SUMERICA (vedi immagine), un'elenco che antepone alle comprovate dinastie storiche la lista dei re mitici che hanno regnato su queste terre prima e dopo il diluvio. Sebbene la reale esistenza di questi re/governatori non è documentata, non è da escludere il fatto che siano realmente esistiti in un lontano passato della millenaria storia mesopotamica e che il loro mito sia lo sbiadito ricordo di una realtà storica precedente all'invenzione della scrittura.
ll poema epico sumero "Enmerkar e il Signore di Aratta" attribuisce l'invenzione della scrittura a Enmerkar di Uruk. Il poema è composto da 636 righe, il primo di un ciclo in cui si narra del conflitto, probabilmente reale, che aveva contrapposto la città di Uruk a quella di Aratta (a differenza di Uruk, Aratta non è ancora stata localizzata ma probabilmente sorgeva sui monti iranici).
Il poema non descrive scontri armati, ma solo l'andirivieni di un messaggero che trasmetteva il pensiero dei due sovrani. Il volere di Enmerkar di Uruk era quello di sottomettere Aratta al suo dominio, ma dovette scontrasi con l'opposizione dell'innominato sovrano di Aratta. Il problema della sovranità si intrecciava con proposte di scambi commerciali, tra le granaglie di cui Uruk era ricca e il legname e le pietre dure di cui era provvista la regione di Aratta. Enmerkar faceva pervenire i suo messaggi al sovrano di Aratta tramite un messaggero che li ripeteva a voce davanti al destinatario. Venne però un momento in cui la contrattazione si fece talmente complessa che il messaggero si dimostrò incapace di tenere a mente il lungo e complicato discorso che il suo sovrano voleva recapitare al suo interlocutore. Il testo riporta:


"Il messaggero aveva la lingua pesante, non era capace di riportare il messaggio;
poiché il messaggero aveva la lingua pesante e non era capace di riportare il messaggio,
il Signore di Kullab (Uruk) impastò l'argilla e vi incise e parole come in una tavoletta;
- prima nessuno aveva mai inciso parole nell'argilla -
Ora, quando il dio Sole risplende, ciò fu manifesto:
le parole che il signore di Kulab (Uruk) aveva inciso come in una tavoletta, divennero visibili.

In queste parole viene descritta l'invenzione della scrittura, una delle più grandi invenzioni dell'umanità. Il messaggero prese la tavoletta e si presentò davanti al sovrano di Aratta.
Enmerkar, il figlio del Sole, mi ha consegnato una tavoletta di argilla;
o Signore di Aratta, esamina la tavoletta, prendi il cuore della sua parola;
ordinami ciò che debbo riferire riguardo al messaggio ricevuto.
Il Signore di Aratta dall'araldo prese la tavoletta lavorata artisticamente;
il Signore di Aratta scrutò la tavoletta:
- la parola detta ha forma di chiodo, la sua struttura trafigge -
il signore di Aratta scruta la tavoletta lavorata artisticamente.

Se prima dell'invenzione della scrittura era l'orecchio a ricevere il messaggio, adesso è l'occhio a svolgere questa funzione. E' molto poetica la metafora usata dall'autore di questo poema: "la parola scritta", appunto perché a forma di "chiodo", è atta a trafiggere l'occhio, quasi fosse un'arma, penetrando così nella mente dell'interlocutore. Il chiodo non solo è lo strumento con il quale veniva inciso il testo sull'argilla ma è anche la forma più appropriata per colpire il nuovo organo adibito a ricevere il messaggio. Lo scriba ricorda anche come la scrittura sulle tavolette sia leggibile grazie alla luce irradiata dal dio Sole.
Ovviamente anche le parole referenti la scrittura e i suoi supporti sono sumeriche. La tavoletta d'argilla si chiama DUB. Da essa, secondo le regole agglutinanti del sumerico derivano E-DUB (casa delle tavolette ovvero biblioteca/scuola) e DUB-SAR (scriba).
DECIFRARE E TRADURRE IL CUNEIFORME
I caratteri cuneiformi erano conosciuti in occidente fin dal 1600, grazie alle copie delle iscrizioni pervenute dai viaggiatori europei che si avventuravano in oriente. Il più celebre di questi viaggiatori fu l'italiano Pietro Della Valle che pubblicò a Roma nel 1650 la cronaca del suo intinerario in Oriente durato dodici anni.
Un grandissimo traduttore e studioso della  civlità sumerica contemporaneo è stato il siciliano Giovanni Pettinato che ha insegnato in Germania e a Roma e ha decifrato le tavolette di Ebla e di Uruk. E’ famoso un suo testo sulla sulla Mitologia Sumera..
L’EPOPEA DI GILGAMES    SUMERICA, POI ACCADICA
Siamo sempre a Uruk. E Gilgames’ è un nipote del re che inventò la scrittura.
Lo scrittore Elias Canetti, premio Nobel per la letteratura nel 1981, ricorda nella sua autobiografia come da giovane venne folgorato dalla potenza arcaica di Gilgames’, "eroe babilonese", durante una messa in scena teatrale:
«Grazie all'infatuazione per il mio attore preferito incontrai Gilgames’, che più di ogni altra cosa ha determinato la mia vita, il suo senso più segreto, la sua fede, la sua forza e le sue attese.
Il lamento di Gilgamesh per la morte dell’amico del cuore Enkidu mi penetrò nel cuore. E poi viene l'impresa di Gilgames’ contro la morte fino a quando raggiunge il suo antenato. Da lui Gilgames’ vuol sapere come potrà attingere la vita eterna. Gilgames’, è vero, fallisce e muore. Ma proprio questo esito non fa che rafforzare il sentimento della necessità della sua impresa.
In questo modo sperimentai su me stesso l'azione di un mito: come qualcosa su cui, durante il mezzo secolo che da allora è trascorso, ho riflettuto in molti modi diversi, voltandolo e rivoltandolo dentro di me, senza mai seriamente metterlo in dubbio neppure una volta».
(Elias Canetti, Il frutto del Fuoco, p. 61, Adelphi 1982)
Il poema di GiLGAMES’ COMINCIA COSì:

Di colui che vide ogni cosa, voglio narrare al mondo;
di colui che apprese e che fu esperto in tutte le cose.
Di Gilgames’, che raggiunse la più profonda conoscenza,
che apprese e fu esperto in tutte le cose.
Egli esplorò ogni paese
ed imparò la somma saggezza.
Egli vide ciò che era segreto,
scoprì ciò che era celato,
e riportò indietro storie di prima del diluvio.
Egli percorse vie lontane,
finché stremato, trovò la pace
e fece incidere tutte le sue fatiche su una tavoletta di pietra.
Egli fece costruire le mura di Uruk-l'ovile,
e del santo Eanna, dove si custodivano sacri tesori.
Guarda le sue mura dai fregi
intrecciati come lana,
Osserva i suoi parapetti che
nessuno può eguagliare!
Percorri la soglia a gradini di età remota,
avvicinati all'Eanna, dove dimora la dea Ishtar,
che nessun futuro re potrà mai riprodurre!
Sali sopra le mura di Uruk e percorrile.
Saggiane le fondazioni,
esamina la base di mattoni.
Non furono i suoi mattoni davvero cotti in un forno?
Non furono i Sette Saggi a gettare le sue fondamenta?
Un shar è l'area della città,
un shar i suoi orti, un shar la sua cisterna d'argilla,
mezzo shar il tempio di Ishtar.
Per tre shar e mezzo si
estende il territorio di Uruk!
Guarda nello scrigno di cedro delle tavolette,
aprine la serratura in bronzo,
Solleva il coperchio (che cela) il segreto.
Prendi la tavoletta di lapislazzuli
e leggi i travagli di Gilgames’,
colui che patì ogni ostacolo.
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